Per conoscere bene la storia di questo castello è necessario iniziare dalle tangibili testimonianze che, dopo tanti secoli, si sono conservate all’esterno ed all’interno della costruzione. Tali testimonianze unitamente ai vari documenti storici risalenti alcuni al 1600 forniscono una conoscenza completa di ciò che è stato questo maniero.
Dalla iscrizione sita sul portale d’ingresso si evince senza dubbio che trattasi di fortezza “arcem” costruita dalle fondamenta “a fundamentis” intorno al 1498 (tardo medioevo) mancando in detta iscrizione la data in cui l’opera fu terminata.
Questa opera nella sua interezza ha conservato all’esterno la sua originaria struttura atta a difesa di ogni azione offensiva dei nemici dell’epoca
sicura a difendersi da ogni inimici e da mala gente
come riportato da documenti dell’epoca. Ancora oggi la vediamo su di un sito “rocca” isolata in tre lati ed accessibile dall’odierna piazza del paese attraverso un passaggio in pietra che è la ricostruzione dell’antico ponte di legno ovvero ”ponte di legname a levatura che nelle occorrenze tiravasi su con le catene in faccia al portone” oggi detto ponte elevatoio.
Ai due lati del ponte sono rimasti nella loro autenticità solo le basi in pietra di due torrioni dallo spessore dei muri di oltre sei metri e dal lato destro entrando al piano primo si sono conservate alcune feritoie usate per tirare con le armi dell’epoca (colubrine, bombardelle, ecc.) contro il nemico rimanendo protetti. Passando all’interno i numerosi rifacimenti eseguiti dai vari proprietari susseguitesi nei secoli hanno cancellato ogni traccia di ciò che era l’opera all’origine, il cortile, il pozzo sono di epoca successiva alla costruzione, rimangono tuttavia nel suddetto cortile vari scudi in pietra con le insegne delle varie casate che si sono susseguite nella proprietà dell’immobile quale quella del Regio Consigliero Scipione De Curtis che nell’anno 1618, avendolo trovato “rovinoso lo ristorò”.
Una lapide nel cortile ricorda il riattamento eseguito nel 1864 dalla nobile Amalia Petitti. Durante il periodo della seconda guerra mondiale gli interni dell’antica fortezza hanno subito veri atti vandalici da soldati canadesi i quali l’hanno occupata distruggendo gli antichi arredi, quadri, arazzi, specchi risalenti al 1800.
Con decreto del Ministero dei Beni Culturali ed ambientali del 20 marzo 1981 l’intero immobile è stato dichiarato di notevole interesse storico essendo un tipico esempio di residenza fortificata del XV secolo.
Oltre al citato scudo di Scipio De Curtis, rimangono, tuttavia, nel cortile vari scudi in pietra opere originali che ci introducono allo studio ed alla conoscenza storica della famiglia Carafa, di Alberico duca d’Ariano e di Geronimo Carafa suo figlio che, come dall’iscrizione sul portale, edificò l’opera e che le ha dato il nome “Castello Carafa”.
La famiglia Carafa è di origine napoletana di antica e nobile stirpe, atti storici documentano che nel corso dei secoli gli appartenenti a tale dinastia hanno ricoperto elevate cariche ecclesiastiche e, tra queste, è da annoverare quella di Gian Pietro Carafa che nel 1555 divenne Papa con il nome di Paolo IV nonché dignità temporali fra cui cavalieri, Gran Maestri, giuristi, Vicerè di Regni e Provincie e Gran Cancellieri del Re.
Alberico Carafa duca d’Ariano fu uomo d’armi e fedelissimo del Re Ferdinando D’Aragona, sposò Giovannella di Molise di nobilissima famiglia che portò in dote vasti feudi fra i quali quelli di Ferrazzano e Cercemaggiore. Nel cortile del Castello si conserva ancora l’originale scudo in pietra con lo stemma di Alberico unito a quello di Giovannella. Geronimo Carafa, indicato nella iscrizione sul portale, fu il quinto figlio di Alberico, divenne per successione alla madre feudatario e pertanto barone della terra di Ferrazzano sulla quale edificò la fortezza.